Chi siamo , cosa facciamo qui e dove andiamo , leggete qui per avere le risposte

In questi anni , uso e scopo del blog sono variati , al variare delle esigenze degli aderenti .
Inizialmente era una semplice bacheca dove postare i vari appuntamenti , poi con il contributo di alcuni , è andato via via arrichendosi di esperienze personali, racconti di viaggi e di improvvise sterzate date alle proprie passioni e alle proprie vite.
Crediamo che così sia diventato più interessante o comunque più partecipato. In ogni caso , per saperne di più sul blog e sul nome che ci siamo scelti, andate a leggervi il primo post del gennaio 2008. Ci potete arrivare comodamente dalla cronologia dei post, sulla colonna di destra.

Rimangono, anzi sono fondamentali, gli appuntamenti dei nostri incontri e le foto su picasa webalbum .

Se volete informazioni, o per brevi comunicazioni, usate il modulo di contatto.
Se invece volete inviare un racconto o un post,oppure una serie di immagini, usate il solito indirizzo che quasi tutti gli aderenti conoscono, vale a dire motosupposta@tiscali.it .

Anche l'aspetto grafico è cambiato , seguendo le esigenze visive di chi scrive . La nuova versione è decisamente più facile da leggere senza occhiali e , ma è una scusa , più semplice da usare con tablet e cellulari.

L'esortazione è sempre la solita : " Dateci dentro "...nel senso di non esitare a scrivere delle vostre esperienze e delle vostre passioni motociclistiche ( ma anche di quelle collaterali ).

Scrivete delle ferie in moto di questo e del secolo passato, di un fine settimana a due ruote o di quello che avreste voluto e non è stato. Scrivete di quanto sia unica la sensazione che questo mezzo arcaico ci regala ad ogni uscita, e di quanto " trasporto " abbiamo per tutto questo.



Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale aisensi della legge n 62 del 7/3/2001.

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lunedì 15 febbraio 2010

ELEFANTENTREFFEN : Il racconto di Giuseppe





CRONACA E IMPRESSIONI DI VIAGGIO

Per noi si tratta della seconda volta consecutiva,il richiamo è molto forte nonostante la consapevolezza delle difficoltà incontrabili.
 Quest’anno, differentemente dal 2009 decidiamo di utilizzare un sidecar, e dopo lunghe ricerche e riflessioni scegliamo la russa Ural 750 Sportman. Valutiamo accuratamente equipaggiamento e materiali, cercando di prevenire eventuali sgraditi imprevisti. Tali attenzioni corrispondono all’80% del successo. Il resto è fortuna. Finalmente alle 06.00 del 28 Gennaio suona la sveglia. La moto è già carica dei necessari bagagli, il pieno di benzina fatto, pressione gomme ok. Potente colazione, dentifricio e spazzolino, poi arriva il grande momento di eccitazione: aria ai carburatori e “bottone”! La moto parte senza esitazioni offrendoci un saluto di buon auspicio.

Varcato il cancello veniamo investiti dall’aria pungente, ma grazie all’abbigliamento tecnico il freddo non sembra insopportabile. La mia passeggera mi lancia un’occhiata di ottimismo: tutto bene. Entriamo in autostrada col Telepass per ridurre i disagi dell ‘ingresso e del pagamento ai caselli, dirigendoci verso il Brennero e sostando solo per i rifornimenti. La discesa in Austria si fa problematica a causa dei mezzi spartineve, i quali rallentano la marcia compromettendo la visibilità a causa della poltiglia di sale e neve da loro provocata, irrorando l’asfalto e noi. In breve sono scandalosamente lurido e ricoperto di una crosta biancastra. La visibilità peggiora perché sta nevicando e la neve si appiccica alla visiera, obbligandomi a frequentissime manovre di rimozione, con la conseguenza di ritrovarmi il guanto sinistro ben inzuppato. Questa lotta si fa sempre più dura col procedere del viaggio, veniamo incoraggiati spesso con saluti e sorrisi da chi occupa altri veicoli. Precedentemente, lungo la valle dell’Adige anche un treno ci da conforto con un fischio prolungato. Intanto la moto trotta che è un piacere, la passeggera riesce ancora a sorridere nonostante la situazione indubbiamente estrema. Entriamo in Monaco nel pomeriggio,tra lo sbigottimento dei passanti e in breve raggiungiamo l’albergo. Troviamo una città assai diversa da come la ricordavamo solo pochi anni fa: oggi caotica, con un traffico nervoso e congestionato all’inverosimile, mucchi di neve sparsi dappertutto con pozze d’acqua raccolta negli avvallamenti stradali, odori pungenti e davvero pestilenziali di cucina non europea. A piedi raggiungiamo la Hofbrauhaus dove finalmente ritroviamo un’atmosfera autenticamente bavarese, concedendoci una meritata supercena a base di verdure, enormi stinchi al forno e birra scura.


Venerdì mattino si riparte sotto una copiosa nevicata, mancano 200 km alla meta. Il problema maggiore rimane la visibilità, provo ad alzare la visiera ma i fiocchi di neve mi percuotono il viso obbligandomi a richiuderla. Usciti dall’autostrada , avvicinandoci a Solla, troviamo sempre più neve sull’asfalto . Un enorme,lunghissimo tir in serie difficoltà è fermo al bordo della strada , il tracciato collinare così innevato rende difficile muoversi anche ai residenti. Superiamo microscopici paesini rurali formati da poche case, in un’atmosfera da fiaba, con i tetti spioventi e tanta neve sopra. Il freddo non è così intenso come al Brennero. Andiamo avanti assistendo a svariate scene di panico di motociclisti a due ruote: chi è finito a terra con poche conseguenze, chi invece ha battuto il motore aprendolo come una cozza bollita lasciando un lago d’olio, altri fermi in mezzo alla strada presi dallo sconforto e con gli occhi sbarrati… . Affrontiamo una ripida salita con la” trazione” sulla terza ruota inserita: l’asfalto è ormai una supposizione. Davanti a noi un’auto rallenta fino a fermarsi per far passare un gigantesco spartineve in discesa sul lato opposto. L’inesperienza in fatto di sidecar mi fa commettere lo sbaglio di azionare il freno anteriore. La moto scivola all’indietro intraversandosi. Spunta dal nulla un tedesco , dicendo qualcosa che non capisco. Senza altri convenevoli afferra la maniglia del parafango e con un erculeo strattone raddrizza la moto, non lasciandoci il tempo di scendere. Passa dietro e inizia a spingere, la moto riparte facendo buona presa. Mi volto per ringraziare ma il tizio è già scomparso… Siamo ormai in procinto di arrivare, mentre la neve a terra si è trasformata in una poltiglia saponosa nella quale affondiamo procedendo con maggiore cautela. Altre scene di panico ci accompagnano fino all’ingresso, costretti a qualche zig zag tra la gente in panne o semplicemente indecisa sul da farsi.

All’entrata la consueta concitazione: bisogna sgombrare in fretta il piccolo piazzale, paghiamo, indossiamo i bracciali di riconoscimento, ed entriamo nel pazzesco, caotico e rocambolesco buco di neve e fango ghiacciato. Veniamo accolti dai simpatici sidecaristi del l’Ural sidecar club, i quali ci offrono una gradita zuppa calda (sono circa le 13). Subito dopo , mentre ancora nevica montiamo la tenda su un provvidenziale tappeto di paglia per migliorare l’isolamento termico dal terreno. Dopo esserci assicurati due posti al coperto, stendiamo un telone impermeabile sulla moto ormai fredda. In breve uno spesso strato di neve la ricoprirà. Facciamo un giro tra gli accampamenti notando come in gran numero siano curati e organizzati in molti dettagli: bracieri per scaldarsi all’aperto, muretti di neve pressata provvisti in basso di una presa d’aria per il fuoco, divani ricavati da balle di paglia, spiedi… Accanto moto e mezzi di tutti i tipi, quasi sempre lasciati malamente per assicurarsi il divertimento di faticare bestialmente quando si vuole ripartire. Cinquantini masticatissimi, vecchie moto segate a metà e trasformate in tricicli fatti in casa, carretti e carrelli a volte curati, altre volte molto rustici. E poi i grandi protagonisti del raduno: i sidecar in un tripudio di inventiva e dalle mille interpretazioni di questo genere motociclistico. Gli Inglesi guidano carrozzette tradizionalmente tutte chiuse (forse perché piove spesso?), a forma di cubetto o di gabbiotto da impianto sciistico oppure simili ad automobiline da giostra, in vetroresina, alluminio,lamiera… Non mancano vasche tipo panettiere, o a forma di bara, altri sono modernissimi e viceversa d’epoca, Nessuno comunque si preoccupa di graffi o altri piccoli danni alle carrozzerie, una delle differenze tra il gusto italiano della moto e … il restodel mondo… Tra le moto a due ruote si vedono gli espedienti più vari come piccoli sci laterali auto costruiti, catene adattate di dubbia efficacia,rivestimenti o grembiuli ricavati da pelli di pecora, piccoli tergicristalli montati su parabrezza. Non mancano mezzi del secondo conflitto come una moto cingolata in perfette condizioni. L’odore acre della legna bruciata è ovunque impregnando ogni cosa , vestiti ,tende, sacchi a pelo, paramani (persisterà anche dopo il lavaggio). Ci immergiamo nel caotico, incessante andirivieni di gente in moto o a piedi, tutti a spingere chi si pianta nella saponosa poltiglia, su e giù, in un carosello folle,surreale,senza pace, tra ali di tedeschi cechi,italiani, belgi… tutti semiimpazziti e indaffarati a trasportare o trascinare cataste di legna, vecchissime stufe, maialetti da arrostire. Dentro e fuori,dentro e fuori, e poi ancora dentro, ancora fuori per tutto il giorno, in questo manicomio a motore “a cielo aperto”. Alcuni si aggirano nel tentativo di scalare un pendio con qualsiasi mezzo. I cinquantini a due tempi cercano la rincorsa tra i fuori giri e il pianto miagolante delle frizioni, zampettando malamente,scivolando, sparando neve dappertutto, scodinzolando al limite della collisione contro qualche tenda o contro chi scende…



Viene la sera ma il campo è sempre più in fermento, iniziano mortaretti e fuochi d’artificio. Cori demenziali si odono da una parte all’altra della valle, ripetuti per ore: Heeelgaaa, Elviiiiraaaa, Franziiiskuuus… Anche noi ci mettiamo al fornello (gas propano mi raccomando, gli altri gas gelano) per preparare una zuppa di verdure miste, mentre si sentono le prime sirene che con demenziale musicalità ci accompagneranno per quasi tutta la notte. Passato un po’ di tempo con gli amici ci corichiamo. Il candore del terreno e la visibilità lattiginosa della giornata ci ha giocato un brutto scherzo: la tenda non è in piano… entriamo nel sacco a pelo e … plunf! Ci ritroviamo in fondo praticamente in ginocchio… passeremo lunghe ore a lottare invano contro la forza di gravità. Alle quattro non ne posso più ed esco per “esigenze idriche”. Tornato dal boschetto, nel fresco della notte non ho più sonno. Scopro così l’insospettabile umanità notturna dell’elefantentreffen. Sento un saluto: Morgen! E’ un tizio allampanato, il quale munito di treppiede scatta foto nel pieno della notte. Altri suonano brevi brani di musica classica utilizzando strumenti a fiato. L’eco dei motori sempre in movimento pone alcune domande: ma dove vanno a quest’ora? E per far cosa, possibile non si plachino mai? Misteri del motociclismo invernale. Albeggia. Da una tenda spunta fuori un tipo con una chitarra, attaccando agitatissimo (per il freddo o per il ritmo?) un blues cantilenando come Bob Dylan. Capisco solo “elefantentreffen” . Va avanti per più di mezz’ora . La situazione mi fa ridere. Si unisce nell’allegria il fotografo “morgen”. Non ci capiamo ma il demente che canta e suona funge da umoristico collante “tra i popoli”. Rientro per la colazione mentre gli amici cominciano a spuntar fuori. Nevicherà per tutta la mattina del sabato smettendo solo nel pomeriggio. Tende e moto sono semisepolte. Continuiamo a visitare gli accampamenti in cerca di altre curiosità, scendendo a piedi in fondo alla buca dove sono sistemati gli stands di alcuni commercianti. Tra souvenirs raccapriccianti e abbigliamento mortaccino (in romanesco vuol dire “di pessimo gusto “), troviamo dei boccali ricavati in corna di bue. Ne prendiamo uno, stanchi di rovesciare sulla neve i bicchieri. Nel pomeriggio assistiamo ad un rito di ingresso in un gruppo biker. L’iniziato è ignudo,con indosso solo un gilet e stivaletti, il pisello infilato in una calza. La missione affidatagli è quella di girare per tutto il campo su una moto da cross , tra i gridolini e le risate delle donne e le pacche che brutali omaccioni gli assestano sui glutei, sparando neve all’impazzata e tentando di domare la moto nel pantano grigiastro. Si dirige in fondo alla buca percorrendo alcuni otto, concentratissimo nella guida. Tornando in su la moto si spegne. Arriva l’amico , ma la moto non vuol più partire. Non resta che tornare alla tenda a piedi, trattenendo la calza con due dita nell’indifferenza generale, probabilmente perché in questa realtà,senza moto niente è degno di attenzione .In breve sistemiamo la tenda per posizionarla in piano, cosa che ci assicurerà una nottata eccellente. La serata trascorre come la precedente: sirene spiegate, botti,fuochi, cori e motori…




Domenica mattina ci svegliamo alle 6 , smontiamo l’accampamento e sistemiamo i bagagli. Non nevica più, così facciamo tappa unica verso casa. Il viaggio di ritorno trascorre con meno problemi e in uno stato di “febbre da guida” arriviamo alle 18.50, dispiaciuti per la fine dell’avventura.


Ora Caterina e Giuseppe ( che con la sua tuta nera,la moto nera, come una freccia nera si aggira nel blu scuro della sera) vi salutano affettuosamente in attesa del prossimo giro.





LA MOTO : URAL SPORTMAN 750




Sulle prime si resta imbarazzati a causa delle prestazioni, effettivamente molto diverse da quelle delle moto a cui siamo abituati da tanti anni. Bisogna però comprendere che si tratta di un veicolo sostanzialmente militare,punto di fusione tra un’enduro e un mezzo agricolo. Esteticamente ricorda, senza raggiungerne l’ineguagliabile bellezza, la BMW R69 S con una aggiunta fuoristradistica. IL meglio si ottiene tra i 70 e i 90 km/ora, velocità maggiori sono possibili fino a 110 km/ ora circa, il buon senso suggerisce però di non insistere a lungo. L’altro limite riguarda l’autonomia, ridotta a causa del notevole ingombro laterale provocato dal carrozzino. La dotazione prevede un robusto portapacchi ,oltre il bagagliaio dietro il sedile, pompa a stantuffo, ruota di scorta,cottina invernale per il passeggero e molti attrezzi. Sono previsti svariati accessori per eventuali personalizzazioni, noi abbiamo scelto un faro aggiuntivo montato sul carrozzino. La guida è molto “maschia” , impegnativa per pettorali e tricipiti e richiede un certo apprendistato. Importante regolare campanatura (L’inclinazione della moto ) e convergenza in base alle proprie preferenze di guida. Sul dritto bisogna tirare con la mano sinistra e spingere con La destra. Lo sforzo, contenuto a bassa velocità (fino a 70/80) aumenta con l’aumentare dell’andatura. In curva: l’asimmetria del mezzo rende diversa la dinamica a seconda del lato. Se le curve ad ampio raggio non richiedono attenzioni straordinarie, diverso è il discorso percorrendo curve a raggio ridotto o tendenti a zero come nei tornanti . A sinistra, la moto si appoggia sulla terza ruota curvando con la precisione di un compasso, ma il manubrio si indurisce sempre più costringendo ad un’impugnatura molto decisa. A destra il manubrio è più tenero ma il rischio di sollevamento del carrozzino è altissimo. In questo caso bisogna controsterzare, evitando però la collisione con la corriera che procede in senso contrario o con un platano. La presenza di un passeggero migliora la dinamica. Se poi tutti e due si impara a spostarsi verso destra tenendo il motore in tiro leggero, si va ancor meglio. In ogni caso rallentare riduce i rischi. Una volta capito, questo sidecar si fa ben volere perché usarlo è fantastico, con la sua guida particolare, la retromarcia meccanica e la trazione inseribile su terreno pesante, quando necessario . E il suo fascino generale. Le sue caratteristiche ne fanno il mezzo ideale e sicuro per raduni estremi come l’elefantentreffen, facendo davvero la differenza tra l’arrivare e il tornare oppure no rispetto le altre moto. Noi ci siamo avvicinati con una certa diffidenza ma poi ce ne siamo innamorati davvero:pur disponendo di altre moto, comode e performanti, alla fine tiriamo fuori sempre l’Ural. Provare per credere.






PREPARARE E ORGANIZZARE IL VIAGGIO




Andare e tornare dall’elefanten è una cosa seria ma non impossibile. Con una moto nuova o comunque curata, mettete in conto il dispiacere per possibili danni. In ogni caso l’ossidazione causata da tutto quel sale invecchierà inevitabilmente la motoretta .Se come il sottoscritto, siete appassionati di vita all’aria aperta e avete esperienze alpini stitiche, tutto è più semplice: saprete scegliere efficaci sacchi a pelo e altri materiali contro il freddo, tralasciando inutili orpelli o materiali poco efficaci. Utile farsi consigliare da veterani (se però sinceri e non dominati dal divertimento di stupire o autocelebrarsi , gente così mi ha fatto perdere tempo e creato confusione ). Dotare la moto di sci laterali riduce il rischio di cappottamenti o scivolate ma non lo elimina : frenare sulla neve rimarrà un bel problema. Catene et similia hanno poca efficacia, comunque non risolveranno la scarsa direzionalità della ruota anteriore e facilmente danneggeranno i cerchi. Se si va in gruppo meglio mettersi d’accordo evitando di trasportare doppioni anche se necessari come un badiletto pieghevole ( spalare la neve per la piazzola della tenda, liberare la moto, fare posto per il fuoco…), un’accetta, bombole di gas (che sia propano!!! ), fornelli (ottimo il “papillon”). I l bagaglio individuale può essere contenuto e a prevalente indirizzo intimo, tanto si suda poco limitando la necessità di felpe o maglioni: chi usa la moto normale ha forte necessità di ridurre ingombri e peso. Il sidecar è più ospitale e consente maggior carico , a tal proposito abbiamo usato delle sacche stagne Tucano Urbano con grande soddisfazione, sono provviste di una valvolina per la fuoriuscita di aria residua consentendo di stivare il contenuto “sotto vuoto”, così da permettere la miglior compattezza possibile. Non devono mancare: cavi per batteria (quelli da moto sono poco ingombranti), lampadine, fusibili, un rocchetto di fil di ferro (se per caso perdete una vite es. della marmitta, col fil di ferro potete continuare il viaggio e tornare a casa) , nastro telato americano (utile ad esempio per rimediare alla rottura di una freccia) e l’alluminio in tubetti bi-componente per riparare al volo piccoli danni al motore. Non dimenticate un martello per i picchetti della tenda e qualche ragno elastico. Utile un barattolino di olio per eventuali rabbocchi. In ogni caso alla partenza la moto deve essere in perfetto ordine con la manutenzione. Noi ci siamo concessi un paio di moon boots a testa oltre le calzature da moto, per la permanenza nel campo: sono le uniche scarpe calde e asciutte anche se si sta fermi a lungo. Cura particolare deve essere posta per la termicità di mani e piedi, mentre il freddo al resto del corpo si sopporta meglio. Le manopole riscaldate sono insufficienti se non accoppiate a dei buoni paramani (ottimi Tucano Urbano), sopportateli anche se antiestetici, vi renderanno un grande servizio . La tenda deve essere di ottima qualità, veramente impermeabile e se possibile dotata di aperture anticondensa, di rapido e pratico montaggio. I materassini autogonfiabili migliorano il confort, ne esistono di ridottissimo ingombro e buon isolamento, ma la paglia è comunque indispensabile. Si acquista in loco. Due bei teloni agricoli servono per: coprire la moto, trascinare sulla neve con poco sforzo la catasta di legna e i bagagli se avete la moto lontano dalla tenda, creare un tappeto sotto di questa per togliersi gli stivali, o cercare qualcosa , evitando l’ingresso accidentale di neve . Una tuta antiacqua potrà servire a tenervi puliti in caso di mezzi spargisale. La visibilità è un problema col quale far bene i conti. Se portate gli occhiali dotatevi di lenti a contatto giornaliere, eviterete il rischio di appannamenti. Un antico e dimenticato rimedio consiste nell’applicare del sapone (ottimo quello in schiuma degli autogrill) all’interno della visiera: non si appannerà più. Se però la temperatura scende ben sotto lo zero , la condensa formerà un velo ghiacciato che bisognerà rimuovere. Non innervositevi, l’avventura richiede pazienza. Al successivo rifornimento se volete ripetere l’operazione antiappannamento, nella toilette vi osserveranno incuriositi e preoccupati. Sorridete e in modo deciso pronunziate: Antifog! Allora i presenti rassicurati ,abbandoneranno l’atteggiamento ansioso rispondendovi : Ah! So!... Gut!


Beppe ci manda il resoconto della sua impresa.
Le immagini sono del Raduno 2009 e 2010.

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